Decidere per paura
Prendere decisioni come reazione a situazioni dolorose può portare a sottovalutarne le conseguenze negative: meglio saperlo prima
Quando nel coaching inizio ad analizzare gli schemi di decisione degli individui e delle organizzazioni - perché vogliono essere aiutati a migliorare il processo decisionale, perché sono bloccati davanti a troppe opzioni o per qualsiasi altro motivo legato al peso dato dal "dover scegliere" - parto sempre dal comprendere quale leva funziona meglio. Sappiamo tutti che, ad una prima scrematura:
Prendiamo decisioni per andare verso il piacere
Prendiamo decisioni per toglierci dal dolore
Queste due macro-leve motivazionali prescindono dall'oggetto della decisione. Ad esempio, se prendo appuntamento dal dentista posso farlo perché:
Voglio fare una pulizia dei denti e risultare più curato e gradevole → qui la leva è certamente il piacere
Mi fa un male bestiale il dente del giudizio e devo toglierlo → ovviamente questa è leva sul dolore
Volendo poi fare filosofia da bar, naturalmente le due leve si compensano: c'è del piacere nel liberarsi da un dolore, così come ci può essere del dolore (a mio avviso questo è più raro, ma accade) quando un piacere finisce.
Il focus di questo post per la Community - ad ogni modo - non è ribadire le due principali leve motivazionali, ma ragionare sulle loro conseguenze.
Come sappiamo, infatti, ogni decisione assunta nel nostro percorso genera sia benefici sia un prezzo da pagare. Questo processo vive per conto proprio e non ha attinenza con la leva che ti ha motivato: se prendi una decisione perché sei stanco di una situazione e vuoi cambiarla (via dal dolore) avrai dei benefici e dovrai compensarli con qualcosa, ma è così anche se ne prendi un'altra perché qualcosa ti attrae (verso il piacere): di nuovo, genererai un beneficio a fronte di un costo.
Il ragionamento va quindi fatto solo in termini di qualità del costo che paghiamo quando compiamo una scelta.
E dopo vent'anni di riflessioni e di lavoro in questo campo posso dirti con buona certezza che il peso che sostieni quando decidi è tanto più gestibile quanto è prevedibile.
Inoltre, la prevedibilità di un costo è maggiore quando decidi mosso dal piacere.
Mettendo insieme tutto, quello su cui ragioniamo nei percorsi di coaching è un concetto piuttosto semplice: se prendi una decisione perché nella situazione attuale stai male, quindi una scelta motivata dal dolore, l'imprevedibilità del prezzo che dovrai pagare aumenta e quindi avrai problemi più difficili da prevedere e - in generale - peggiori da gestire.
D'altra parte, a conferma di quello che sto argomentando, proviamo a ragionarci insieme: quando una persona sta bene e vuole migliorare ancora, in fin dei conti... sta già bene. E se stai bene è perché le emozioni che sperimenti sono positive e piacevoli. Tranquillità, pace, soddisfazione, orgoglio, calma. È oggettivamente difficile prendere una decisione sbagliata in un contesto emotivo così ben strutturato.
Se invece stai male, quali emozioni possiamo considerare preponderanti? Preoccupazione, fastidio, paura, rabbia, saturazione, ansia... e queste emozioni hanno una caratteristica in comune: sono emozioni forti e persistenti, attivano tutti i nostri meccanismi difensivi e alterano, aumentandolo, i livelli di stress.
Siccome la somma di emotività e razionalità in un individuo è una costante (se l'una aumenta l'altra diminuisce in entrambi i versi), arriviamo a concludere che le decisioni basate sul dolore (“voglio andarmene da questa situazione!”, hai presente?) sono scelte meno razionali di quelle basate sul piacere, e più istintive e impulsive.
Si arriva a un soglia in cui non ce la facciamo più (tecnicamente di chiama threshold pattern) e si fa un cambiamento, senza più pensarci e rifletterci, magari anche di fretta.
Di conseguenza, gli effetti di quella decisione sono peggio valutati e il loro impatto viene mascherato.
Quindi aumenta l'imprevedibilità delle stesse.
E in definitiva, si generano a lungo termine problemi peggiori.
Succede a tutti. Anche a me.
Qualche tempo fa, piuttosto stanco e pressato da una situazione consolidata che a mio avviso continuava a peggiorare, ho deciso in modo brusco e impulsivo di attuare un cambiamento importante, giustificandolo poi a me stesso dicendomi "si vede che era una decisione già matura da tempo e l'hai solo consapevolizzata."
Non era così. La decisione non era matura, ma solo frettolosa.
E infatti oggi tornano indietro a me le conseguenze, fastidiose ed emotivamente a tratti pesanti, che dovrò gestire (siamo comunque responsabili di ogni nostra scelta).
Quale lezione possiamo trarre?
Strategicamente, mi viene da dire che se ci muoviamo mossi dal piacere, dopo avere correttamente soppesato i pro e i contro, possiamo prendere la decisione del caso confidenti che quei "contro" sono stati correttamente valutati.
Se invece agiamo e scegliamo motivati dal dolore, è opportuno ricordarci che - probabilmente - stiamo sottovalutando (magari anche ampiamente) gli impatti negativi che nel tempo quella decisione porterà. Questa sottostima va tenuta in conto: prima o poi, il prezzo si paga e sarà più salato delle attese.
Credo che ricordarci questo quando valutiamo, decidiamo, acquistiamo, scegliamo sia un buon mindset per migliorare complessivamente la qualità della nostra vita.
Se vuoi approfondire il concetto, ne avevo già scritto in passato qui ➚